Michele Fioroni: Comunicare l’Umbria come una “Safe Land” e favorire il “Reshoring”

La pandemia che stiamo vivendo, oltre che minacciare il sistema sanitario, ha colpito duramente le imprese paralizzando il sistema economico e produttivo. Il tessuto imprenditoriale Umbro è denso di PMI prevalentemente piccole e a conduzione familiare che fanno fatica a reagire e a trovare la resilienza necessaria.
Obbligati dalle soluzioni smart abbiamo chiesto a Michele Fioroni, Assessore Allo Sviluppo Economico, Innovazione, Digitale e Semplificazione della Regione Umbria, in qualità di esperto di brand e marketing, come è cambiata l’informazione in questo lockdown, come sarà quella del futuro, e soprattutto come in questo periodo quella veicolata su internet abbia contribuito o interferito sui cittadini.

Tra i tanti studi che in questi giorni sto leggendo, cercando di delineare i possibili scenari post epidemia, uno mi ha particolarmente colpito perché sancisce la fine della stagione della comunicazione digitale a tutto vantaggio dei media tradizionali. In molti si sbatteranno per convincerci che la comunicazione è ormai sempre più multicanale ma, proprio in un periodo che avrebbe dovuto sancire la definitiva superiorità dei nuovi media, si assiste a un ritorno di fiamma dei media tradizionali.
I cittadini, in un’epoca di emergenza, riscoprono il desiderio di riconnettersi con un informazione credibile, in cui le fonti siano affidabili e non contraddittorie, senza mediatori di alcun tipo.
I principali media nazionali ritornano ad essere così la fonte di informazione più credibile. Si attende davanti allo schermo il bollettino dei contagiati, piuttosto che le comunicazioni del presidente del Consiglio (con una frequenza che a volte lascia perplessi) o del capo della protezione civile, piuttosto che il parere di qualche virologo che, chiamato da un’emittente nazionale, si presume non sia il frombolano di turno.
Tra il cittadino e la notizia spariscono quei tanti mediatori che, chiamiamoli blogger piuttosto che influencer, erano stati i portatori sani di informazione solo fino a qualche settimana fa.
Sarà forse perché la parola influencer sembra quasi inappropriata in presenza di una pandemia globaele ma, gli italiani, come tutti gli altri cittadini del mondo costretti in lockdown nel salotto di casa, trovano sempre meno credibile ed attraente la vita da reclusi delle social star delle rete, che appare all’improvviso vuota e priva di qualsiasi significato simbolico ed incapace di fornire un’interpretazione credibile alla realtà.
Insomma, il Coronavirus sembra avere rivoluzionato anche il mondo dei media, in una sorta di corsi e ricorsi della storia di vichiana memoria e la notizia torna ad essere credibile solo se passata al filtro dei media tradizionali, con l’intermediazione seria del giornalista e con una verifica accurata delle fonti. “Se lo dice la televisione…” dicevano i nostri vecchi, è sicuramente vero, o almeno ci regala l’illusione di una certezza“.

Quanto sarà importante per questa Regione una buona comunicazione a livello internazionale per il proprio ‘made in umbria’ e per il turismo?

Bisogna far sapere che l’Umbria è una “Safe Land” dove il distanziamento, favorito dalla presenza di tantissimi borghi, è un vantaggio e non una penalizzazione dello spazio vitale.
Oggi, sempre di più turismo e cultura passano per l’offerta di percorsi esperienziali e la messa in rete di soggetti depositari di saperi.
Il ‘turismo di prossimità’ italiano, sarà la prospettiva per la ripartenza del settore già nei prossimi mesi estivi, è importante quindi dare ai turisti anche ragioni convincenti di una permanenza più lunga.
L’Umbria è una “Terra da vivere“, da assaporare nelle sue mille qualità, da centellinare nei segreti e nelle scoperte, da conoscere a fondo, da gustare nell’arcobaleno dei suoi colori, cominciando dalla natura.

L’Umbria è il nostro “Museo all’aperto”, esposto permanentemente, fatto di piazze, di chiese, di conventi, di abbazie, di castelli, di interi centri storici, che hanno mantenuto la gloriosa grandezza e armonia.
Il visitatore ha l’imbarazzo della scelta. Bisogna comunicare la possibilità di abbandonarsi alle emozioni di scoperte inattese, allo spessore delle eccellenze di cui l’Umbria è ricca“.

L’impresa è disorientata e impaurita, quali saranno i fattori importanti da non sottovalutare per la ripresa? 

L’impresa non dovrà limitarsi alle misure di aiuto previste, ma prepararsi e affrontare un cambio di paradigma del proprio business che favorisca il salto di qualità indispensabile per affrontare le sfide del futuro.
L’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, lo smart working (quello vero), la rimodulazione delle reti vendita, saranno passi necessari e che offriranno anche nuovi scenari di sviluppo.

L’umbria è un’economia più fragile, all’interno dell’Italia che lo è a sua volta all’interno dell’Europa.
Il tessuto è denso di imprese piccole e poco capitalizzate che spesso non integrano filiere territoriali, quindi con aziende che si identificano lungo la catena di fornitura come produttori beni itermedi e ci lasciano settorialmente più esposti nella destrutturalizzazione delle supply chain.
Quindi importiamo materie prime e i nostri prodotti non vengono finiti nella nostra Regione, ma contribuiscono alla realizzazione di altri prodotti in altri Paesi.

Bisogna favorive il “reshoring”, fenomeno opposto all’«offshoring», ossia la delocalizzazione di lavorazioni principalmente in altri Paesi avvenuta negli ultimi 20 anni. Le imprese devono fare marcia indietro per tornare nel territorio (back reshoring) per garantire qualità e controllo di prodotto e servizio, favorire le filiere e agevolare quel processo di crescita di cui abbiamo tanto bisogno.
Gli imprenditori e i manager sono chiamati a dotarsi di particolari skill, che fanno riferimento alla capacità di analisi e di decision making
“.

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